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Trasfusione ematica | |
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' | |
Classificazione e risorse esterne | |
ICD-9 | 99.0 |
MeSH | D001803 |
MedlinePlus | 000431 |
Sinonimi | |
trasfusione |
La trasfusione è la trasmissione di sangue da un organismo detto donatore ad un altro che lo riceve. Il donatore può essere della stessa specie del ricevente (trasfusione omologa) o di specie diversa (trasfusione eterologa). Se invece il donatore ed il ricevente sono lo stesso soggetto, cioè se il sangue viene prelevato e reinfuso nella stessa persona, si parla di autotrasfusione (trasfusione autologa). Deve essere considerata una terapia atta a sostituire il sangue perduto in toto o in alcune sue componenti in attesa che venga risolta la situazione patologica che ha portato alla perdita. Sotto certi aspetti può essere considerata come un trapianto e come tale può dare fenomeni gravi di incompatibilità conosciuti come reazioni trasfusionali.
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della trasfusione di sangue. |
Notizie certe sulla pratica della trasfusione nell'antichità non ve ne sono. In alcune opere mediche e letterarie si fa riferimento all'utilizzo del sangue, soprattutto per donare forza, bellezza o giovinezza, ma ipotizzare che ciò avvenisse in senso trasfusionale appare una forzatura. Sembra più probabile che la somministrazione fosse piuttosto per via orale, come pratica magica, comune a molti popoli e a molte epoche, ancor prima che medica. In senso terapeutico Celso, pur avendo qualche dubbio, ricordava come fosse possibile curare l'epilessia bevendo il sangue del gladiatore appena sgozzato, e come medicina il sangue, dopo che era stato prelevato ad alcuni giovani, fu somministrato da un medico ebreo al pontefice Innocenzo VIII morente, per ridargli vigore. Sembra che le popolazioni sudamericane precolombiane eseguissero con successo trasfusioni, inconsapevolmente favorite dall'esistenza del solo gruppo 0.[1]
La prima notizia certa di una trasfusione come noi la intendiamo risale al 1667 quando il medico di Luigi XIV Jean-Baptiste Denys trasfonde sangue di agnello in un giovane, malato sembra di tifo. Il paziente comunque morirà e J.B.Denis sarà accusato di omicidio. La pratica però comincia a diffondersi anche se con risultati tanto negativi (si utilizza principalmente sangue animale) da venire immediatamente abbandonata. Nel 1679 a Roma il governo pontificio ne proibisce la pratica.
Bisogna aspettare il 1818 quando James Blundell, un ostetrico inglese, ricorre con successo ad una trasfusione in un caso di emorragia post partum utilizzando il sangue del marito della paziente. Negli anni successivi praticherà una decina di altre trasfusioni, sempre con sangue umano, ottenendo nella metà dei casi esito favorevole. Ormai si è capito che usando il sangue umano i rischi sono minori, anche se rimangono altissime le possibilità di reazioni anche mortali. Lo stesso William Stewart Halsted, che ha legato il suo nome all'intervento di mastectomia radicale, salvò la vita della sorella trasfondendole direttamente il proprio sangue. Era il 1881 e soltanto nel 1913 un medico tedesco trasferitosi in America, Richard Lewisohn, scoprirà il metodo per conservare il sangue evitandone la coagulazione e raffreddandolo. Ciò ne consentirà un utilizzo differito nel corso delle due guerre mondiali sfruttando anche la creazione di speciali banche del sangue.
Peraltro il biologo austriaco Karl Landsteiner nel 1901 era finalmente riuscito a determinare con i suoi studi che il sangue poteva appartenere a gruppi specifici A, B, AB, 0 e per questa importante scoperta avrebbe ricevuto nel 1930 il premio Nobel. Alla fine degli anni trenta, insieme a Alexander S. Wiener, avrebbe scoperto il fattore Rh.
Le temibili reazioni immunitarie sembravano scongiurate o lo sviluppo della pratica trasfusionale sembrava non avesse più ostacoli, ma proprio con la sua grande diffusione cominciarono a rendersi manifesti dei dati allarmanti. L'alta percentuale di gravi malattie infettive nei soggetti trasfusi: dall'epatite B e C all'AIDS. Ciò avrebbe portato ad ulteriori controlli sul sangue del donatore tendenti ad evitare anche questo tipo di rischio.
La reintegrazione della massa ematica in toto o di alcuni suoi componenti (globuli rossi, piastrine, fattori della coagulazione, e così via) è utile, anzi indispensabile in molte condizioni patologiche e chirurgiche. Tuttavia il fatto che ogni trasfusione può comportare dei rischi impone molta oculatezza nel praticarla. La decisione va presa dopo monitoraggio di alcuni parametri che consentono di valutare l'entità e la tipologia della perdita e di stabilire il tipo di sostanza da trasfondere (sangue intero, plasma, succedanei del plasma, concentrati di piastrine, globuli rossi, ecc.). I parametri da controllare sono:
Le indicazioni alla trasfusione di sangue o suoi componenti sono:
Considerate le gravi conseguenze che derivano da trasfusioni non compatibili esiste una precisa normativa di legge che disciplina le procedure (dette di Type & Screen: tipizzazione e screening anticorpale) da seguire e che prevedono:
Di regola il paziente va trasfuso con globuli rossi, GR, appartenenti al medesimo gruppo. In urgenza o quando il tipo AB0 è sconosciuto si trasfondono GR di tipo 0. I soggetti Rh-negativi devono ricevere sempre sangue Rh-negativo, quelli Rh-positivo possono riceverne di entrambi i tipi.
Le reazioni emolitiche sono caratterizzate da sintomi vari: nausea, vomito, dolori lombari, ittero, fino ad arrivare a quadri gravi di insufficienza renale e shock.
Il sangue è una sostanza complessa composta da elementi cellulari e da plasma, a sua volta contenente proteine, in cui ogni elemento costitutivo ha una sua specifica funzione. Pertanto, anche grazie ai progressi fatti in campo emotrasfusionale, oggi è possibile trasfondere oltre che il sangue intero anche i suoi costituenti separati. All'atto del prelievo il sangue dopo l'aggiunta di una sostanza anticoagulante e conservante (citrato di sodio) viene sottoposto ad un procedimento che consente di ottenere separatamente i suoi componenti ed i suoi derivati che saranno utilizzati per scopi diversi. È possibile ottenere:
La trasfusione di sangue è utile ed in alcune circostanze indispensabile. Tuttavia può essere impossibile praticarla per vari motivi: difficoltà a reperire la quantità necessaria o il gruppo richiesto, opposizione del paziente per motivi religiosi, controindicazioni. In questi casi si può fare ricorso ai cosiddetti sostituti del sangue:
L'autotrasfusione è un sistema ricorrente nella pratica medica che consiste nel prelevare una quantità considerevole di sangue, circa 500-800ml ad un paziente e conservarlo in appositi frigoriferi per far sì che questo possa essere iniettato al paziente senza dover cercare un donatore compatibile in caso di necessità. Questo sistema in ambito medico-chirurgico è assolutamente legale, sicuro e affidabile. Le autotrasfusioni sono, invece, considerate come doping se fatte al fine di aumentare il conto degli eritrociti con conseguente miglioramento della capacità di ossigenazione dei tessuti. Le autotrasfusioni se non fatte da un medico o da una persona competente possono risultare anche letali. Dalla fine degli anni settanta sono state classificate come doping da tutte le federazioni di qualsiasi sport.
Lo stesso argomento in dettaglio: caso degli emoderivati infetti. |
Le politiche trasfusionali sono state oggetto di critiche in quanto vi sono state delle mancanze di controlli da parte di case farmaceutiche che hanno immesso nel mercato sangue intero o emoderivati che sapevano essere facilmente infetti con HIV ed epatite C[2][3][4]
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