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Piercing o body piercing (dall'inglese to pierce, "perforare") indica la pratica di forare alcune parti superficiali del corpo allo scopo di introdurre oggetti in metallo (talvolta ornati con pietre preziose), osso, pietra o altro materiale, quale ornamento o pratica rituale. le parti del corpo più soggette a questa pratica sono: lobo dell'orecchio, sopracciglio, narice e setto nasale, labbro, lingua, capezzolo, ombelico e organi genitali (glande, prepuzio e scroto nell'uomo; piccole e grandi labbra, prepuzio clitorideo e Monte di Venere nella donna).
I principali motivi che spingono a tale pratica, e che a volte sono i medesimi del tatuaggio, possono essere i più svariati e possono includere: religione, spiritualità, tradizione, moda, erotismo, conformismo o identificazione con una sottocultura.
Il termine viene talvolta utilizzato impropriamente anche per definire la pratica del play piercing o needle play o "piercing temporaneo", che consiste nel forare parti del corpo temporaneamente, in connessione a pratiche BDSM o rituali/religiose, così come in uso, ad esempio, presso gli Aztechi.
Il piercing ha origini antiche o preistoriche. Lo scopo principale era quello di distinguere i ruoli assunti dei vari membri all'interno della tribù, allo scopo di regolare i rapporti tra i vari individui sia nel quotidiano che durante le cerimonie, rendendo palese tutta una serie di informazioni sull'individuo e al suo rapporto con il gruppo di appartenenza.
Molte sono le "storie del piercing" che circolano su Internet riguardo alle presunte origini di ogni singolo tipo di piercing, ma in alcuni casi si tratta di origini fantasiose, dovute all'immaginazione del solo Doug Malloy, pioniere del piercing moderno.
Lo stesso argomento in dettaglio: Piercing dell'orecchio. |
La perforazione del lobo, o meno frequentemente della cartilagine, dell'orecchio è stata praticata fin da tempi antichi, in particolare nelle culture tribali. Sembra infatti che nelle tribù antiche, credendo che il metallo fermasse gli spiriti malvagi, perforassero le orecchie cosicché tali spiriti non potessero entrare nel corpo attraverso le orecchie.[senza fonte]
La pratica della perforazione del lobo è stata riscontrata spesso in corpi mummificati, compresa la più antica mummia mai scoperta finora, la mummia del Similaun, ritrovata nel 1991 nel ghiacciaio di Similaun sulle Alpi Venoste. Ötzi, così è stata soprannominata la mummia, oltre a numerosi tatuaggi, aveva un foro all'orecchio di 7,11 mm di diametro[1].
La perforazione delle orecchie negli uomini è molto comune nelle culture tribali fino al giorno d'oggi. Ad esempio nel Borneo la perforazione delle orecchie viene fatta ai ragazzi come rito di passaggio: la madre perfora un orecchio e il padre perfora l'altro, ciò simboleggia la dipendenza del figlio dai suoi genitori.
Gli orecchini compaiono anche nella Bibbia, dove vengono indossati da entrambi i sessi. Nel Libro dell'Esodo 32, Aronne fonde gli orecchini per farne il vitello d'oro. Il Deuteronomio 15:12-17 dispone la perforazione dell'orecchio per lo schiavo che sceglie di non venire liberato[2].
Sotto parte dell'Impero Romano, gli orecchini erano molto più comuni tra gli uomini che tra le donne, essendo stato introdotto l'uso da Giulio Cesare.[senza fonte]
Presso gli Aztechi i lobi delle orecchie venivano dilatati per piacere estetico o come segno di appartenenza a una determinata tribù.[senza fonte]
In età elisabettiana l'orecchino era uno status symbol prettamente maschile, indossato da personaggi come Shakespeare, Sir Walter Raleigh, e Francis Drake.[senza fonte]
I marinai di un tempo credevano che forare il lobo acuisse la vista, così da poter ottenere il posto di vedetta, che era fra i più ambiti. I marinai portavano orecchini d'oro, cosicché, se fossero morti in mare e il loro corpo fosse stato trascinato a riva dalla corrente, con essi si sarebbe potuta pagare una sepoltura cristiana: il loro spirito, altrimenti, avrebbe vagato inquieto per l'eternità[3]. Pare inoltre che i marinai che accettavano rapporti omosessuali comunicassero la loro disponibilità al resto della ciurma portando l'orecchino, a differenza di tutti gli altri, al lobo destro[senza fonte].
Lo stesso argomento in dettaglio: Piercing del naso. |
Nei Veda, i più antichi libri sacri indiani, si trova un riferimento ai lobi e al naso forati della dea Lakshmi[4].
Nel libro della Genesi 24:22, il servo di Abramo dona a Rebecca, moglie di Isacco, un gioiello per il naso d'oro del peso di circa mezzo siclo. Il termine ebraico Nezem, che appare in questo passaggio della Bibbia, significa "anello per il naso" nel moderno ebraico, ma nell'antico ebraico significa anche "orecchino", da alcuni passi successivi si capisce chiaramente che si tratta di un anello per il naso.
La perforazione della narice è comune tra le tribù nomadi del Medioriente fin dai tempi della Bibbia, ed è storicamente comune in India. Le donne indiane in età fertile, indossano un anello al naso, solitamente alla narice sinistra, poiché la narice è associata con gli organi riproduttivi femminili nella medicina ayurvedica.
Presso molte tribù di nativi americani la perforazione del setto nasale è un marchio dello status maschile. Ad esempio a questa usanza deve il proprio nome la tribù dei Nez Percé (letteralmente "Nasi Forati").
La pratica è comune anche tra i guerrieri delle tribù dell'Estremo Oriente e del Pacifico, poiché un osso nel naso conferisce un'apparenza aggressiva.
Aztechi e Incas indossavano un anello d'oro al setto nasale come ornamento, la pratica continua al giorno d'oggi presso gli indiani Cuna dell'isola di Panama.
Uomini e donne Marubo, nel Brasile occidentale, hanno in uso la perforazione del setto nasale, facendovi passare attraverso alcune fila di perline. Ciò è considerato un mezzo per entrare in sintonia con la natura che li circonda[4].
Una differente forma di modificazione estetica è quella praticata dagli aborigeni australiani, che perforano il setto nasale con un lungo stecchetto così da appiattire il naso.
La tribù Bundi di Papua Nuova Guinea perforano il setto del naso come rito di passaggio all'età adulta da parte dei maschi.
L'unico luogo al mondo di cui storicamente si ha notizia che perforazione del setto nasale sia più diffusa tra le donne che tra gli uomini, è nell'area himalayana del Nord dell'India, del Nepal, del Tibet e del Bhutan. Alle donne in queste regioni viene spesso perforata la narice forata in giovane età, mentre il setto viene perforato durante il matrimonio a significare l'appartenenza al proprio sposo.
Lo stesso argomento in dettaglio: Piercing del labbro. |
Così come la dilatazione dei lobi delle orecchie, anche il piercing al labbro ha origine nelle culture tribali dell'Africa e dell'America.
Nelle culture precolombiane, la perforazione del labbro era considerato uno status symbol e solamente gli uomini di alto rango potevano indossarlo. Nel Sud America tale tipo di piercing viene chiamato Tembetá.
Presso gli Yanomami si usa perforare il labbro inferiore, inserendovi dei bastoncini. Ciò permette ai giovani innamorati di scambiarsi messaggi erotici velati[4].
La perforazione del labbro nelle culture tribali africane, invece, è un'esclusiva femminile e il significato della pratica cambia da tribù a tribù. Ad esempio presso la tribù Dogon del Mali un anello al labbro viene portato per questioni spirituali; nella tribù Saras-Djinjas del Ciad il labbro della donna viene forato con il matrimonio, così da rappresentare un simbolo di assoggettamento al marito[5]. Infine presso la tribù Makololo del Malawi il labbro delle donne viene perforato per un puro motivo estetico: pochi uomini Makololo andrebbero con una donna che non porta tale tipo di ornamento, considerandola innaturale.
Presso gli Aztechi e i Maya, era in uso la pratica della perforazione rituale della lingua: la lingua veniva perforata con una spina di pesce e vi veniva passata attraverso una corda, così da versare sangue e indurre uno stato alterato di coscienza. Tale pratica permetteva al sacerdote di comunicare con le divinità: ferire un organo con cui comunicare, era visto come il sacrificio necessario perché questa trasformazione avvenisse.
I fachiri e i sufi islamici del Medioriente e i medium dell'Estremo Oriente, praticano la perforazione della lingua così da offrire una prova del loro stato di trance.
La ragione per cui gli sciamani degli aborigeni australiani praticano la perforazione della lingua ha una ragione curativa: ciò serve a permetter loro di «succhiare con la loro lingua la magia malvagia dal corpo dei loro pazienti»[6].
A partire dall'inizio del XX secolo molti imbonitori di spettacoli da baraccone, presero in prestito dai fachiri le loro pratiche di perforazione della lingua introducendo i primi barlumi di piercing alla lingua agli spettatori americani ed europei.
Lo stesso argomento in dettaglio: Piercing del capezzolo. |
Al di là della leggenda, screditata[7][8][9], che affermava essere in uso il piercing ai capezzoli tra i centurioni romani al seguito di Cesare, la letteratura relativa a tale pratica negli uomini è molto più povera rispetto a quella che riguarda la pratica di tale piercing tra le donne. Hans Peter Duerr, nel suo libro Dreamtime, racconta come nel XIV secolo, presso la corte della regina Isabella di Baviera, fosse divenuta in uso la moda femminile della "grande scollatura", arrivando persino a esporre i seni nudi che venivano talvolta decorati, i capezzoli venivano colorati con del rossetto, ornati con anelli tempestati di diamanti o piccoli cappucci, e talvolta forati passandovi attraverso delle catenelle d'oro.[10][7].
Ivan Bloch, nel suo libro Sexual Life in England. Past and Present (1938), rifacendosi a una fonte antecedente, E. Neumann John Bull beim Erziehen (1901), afferma che la pratica della foratura dei capezzoli fosse in uso anche presso gli antichi egizi e venga menzionata in "vecchi romanzi italiani".[11] Bloch sostiene inoltre l'uso della pratica come strumento di tortura su ragazze e donne eretiche nella Spagna medievale per opera dell'inquisizione e su giovani donne armene per opera dei turchi.[11]
Molto documentata è la storia del piercing al capezzolo in tarda epoca vittoriana, quando sarebbero divenuti di moda i cosiddetti bosom rings ("anelli da seno") noti anche a Parigi con il nome di anneaux de sein ("anelli da seno").[11] La perforazione del capezzolo sarebbe stata operata da alcuni gioiellieri parigini e londinesi e avrebbe trovato entusiaste sostenitrici tra le giovani donne borghesi della società francese, britannica e della costa orientale degli Stati Uniti.[11][12][13]. L'autenticità e la credibilità delle fonti è controversa e vi è chi ha mosso dubbi di autorevolezza e affidabilità sulle fonti di tali informazioni.[14][15][16]. Allo stesso tempo vi è invece chi considera la presenza di tante fonti che ne parlino - riviste coeve e libri di poco posteriori - come indice dell'alta probabilità della veridicità di tali notizie.[17][18]
Fonti invece assai dubbie attesterebbero l'uso della perforazione del capezzolo femminile anche nella Francia del Seicento, presso la corte del re Luigi XIV di Francia, con le medesime modalità di quanto avvenuto alla corte della regina Isabella di Baviera, con la differenza che la moda avrebbe attraversato la Manica trovando emuli tra le nobili inglesi che si sarebbero spinte a forare i capezzoli inserendovi degli anelli d'oro come ornamento[14].
Esistono poi diverse fonti che affermano che la pratica della perforazione del capezzolo con l'inserimento di gioielli, sarebbe stata in uso anche nell'Africa sahariana, presso le donne delle tribù berbere cabile (abitanti la regione algerina della Cabilia). Il citato Irvin Bloch afferma che la pratica sarebbe stata comune tra le donne di Tunisi e dell'arcipelago greco.[11] Mentre Neumann riporta di un libro del 1857 in cui si farebbe riferimento alle donne e alle ragazze del Marocco che avrebbero indossato gioielli nei loro capezzoli forati.[19] Così come per la moda del bosom ring in età vittoriana, anche la diffusione della pratica nel Nord Africa è oggetto di controversie e c'è chi sostiene che, nonostante le fonti a sostegno, sia piuttosto improbabile, visto il tipo di materiali di cui dispongono tali tribù che renderebbe assai difficoltosa la guarigione di un simile tipo di piercing[14][8].
Dati certi a tal proposito si hanno invece sugli uomini Karankawa, una popolazione di nativi americani estinta che abitava il golfo del Nuovo Messico, che usavano dipingersi il corpo, tatuarsi e perforare il labbro inferiore e i capezzoli con piccoli pezzi di canna[14][20].
La pratica è inoltre attestata tra i marinai del XX secolo come rito di passaggio al passare di una determinata linea (dell'equatore, dei tropici o la linea internazionale del cambio di data) e varie immagini di marinai tatuati lo confermerebbero[14]. Era inoltre praticata dagli artisti delle fiere, i cosiddetti sideshow, fachiri e uomini tatuati. Tra di essi probabilmente il più celebre artista è Rasmus Nielsen, il cui spettacolo consisteva nel sollevare una incudine appesa ai suoi piercing ai capezzoli[21][22].
Da diverse fotografie di donne tatuate provenienti dalla Kobel Collection[23], si evince come invece la pratica fosse limitatamente diffusa nella prima metà del XX secolo, prima dell'avvento del moderno piercing. Tra le donne con i piercing ai capezzoli della prima metà del secolo vi sono: Ethel Granger, riconosciuta nel Guinness dei primati come la donna con la vita più stretta;[14][24] Charlotte Hoyer, una mangiatrice di spade tedesca degli anni quaranta e cinquanta;[25][26] Kathy, una celebre spogliarellista inglese degli anni sessanta[27].
Lo stesso argomento in dettaglio: Piercing dell'ombelico. |
Le notizie concernenti la pratica del piercing dell'ombelico nella storia sono per lo più infondate e basate sul mito creato da Doug Malloy nel suo pamphlet Body & Genital Piercing in Brief.[24][28] Secondo Malloy, infatti, il piercing dell'ombelico sarebbe stato in uso nell'Antico Egitto come pratica riservata alle classi aristocratiche quale segno del loro status sociale[28], leggenda in seguito largamente ripresa e diffusa.[29][30] Altre fonti attestano infatti che non c'è nessun documento che possa attestare la pratica del piercing all'ombelico nella storia dell'umanità.[31]
Al giorno d'oggi il piercing all'ombelico è una delle forme di piercing più comuni. La cultura pop ha giocato un importante ruolo nella diffusione di questo tipo di piercing. Il piercing dell'ombelico ha infatti riscosso ampio interesse nella cultura mainstream da quando la modella Christy Turlington lo ha esibito in una sfilata londinese nel 1993. La diffusione di tale pratica deve comunque molto anche al videoclip degli Aerosmith Cryin', sempre del 1993, nel quale l'attrice Alicia Silverstone si fa forare l'ombelico dal piercer Paul King.[32] La facilità con cui è possibile nascondere questo tipo di piercing, anche durante il processo di guarigione, ha contribuito all'ampia diffusione della pratica.
Lo stesso argomento in dettaglio: Piercing genitale. |
La perforazione dei genitali, assieme a quella della fronte, era in uso presso la cultura centroamericana olmeca (1500 a.C. circa) e nelle successive culture da essa influenzate[4].
Le donne dell'isola di Truk usavano perforarsi le labbra vaginali per inserirvi oggetti che tintinnavano mentre camminavano[33].
Nella letteratura specialistica, viene fatto spesso riferimento alla pratica, in uso presso le donne indiane di perforarsi sia le piccole che le grandi labbra[4].
Nelle Filippine era in uso il "bastone del pene", e viene descritto fin dal 1590 nel Codice Boxer[33]. Probabilmente si tratta dello stesso ornamento in uso nel Borneo, presso i Daiachi, e in tutta l'Oceania, noto con il nome di ampallang. Si tratta di una barretta di metallo che viene inserita nel glande dopo averlo perforato. Tale pratica ha uno scopo rituale quanto erotico: un uomo Daiachi non può sposarsi né avere rapporti sessuali con una donna senza aver prima praticato questa forma di modificazione genitale. Per le donne Daiachi infatti tale tipo di piercing procura maggiori stimolazioni di un pene che ne è privo. Presso il Sarawak Museum di Kuching, nel Borneo si trova una ricca documentazione di questa pratica, che parrebbe prendere ispirazione dal pene del rinoceronte bicorno di Sumatra e del Borneo, dotato naturalmente di un osso diagonale nel membro. I portatori di ampallang del Borneo, rendono pubblico questo tipo di modificazione con un piccolo tatuaggio sulla spalla[4].
Nel Kāma Sūtra viene menzionato il piercing chiamato Apadravya, che attraversa il glande longitudinalmente e che può essere di diverso materiale: oro, argento, ferro, ottone, avorio, corno, latta, piombo. Talune fonti considerano però l'Apadravya menzionato nel trattato di erotismo indiano non un piercing, bensì un dildo, un giocattolo erotico a forma di pene, o degli anelli da indossare esteriormente, sul pene.[34]
Richard Simonton, organista, tecnico audio e imprenditore, introdotto nella comunità hollywoodiana (tra i suoi amici Groucho Marx, Laurence Olivier e Harold Lloyd, oltre al musicista Aram Khachaturian), negli ultimi anni di vita divenne un sostenitore della scena legata alle modificazioni corporee.
Con lo pseudonimo di Doug Malloy, adottato per mantenere l'anonimato - la sua famiglia era infatti totalmente all'oscuro del suo coinvolgimento nelle comunità underground e nello sviluppo del moderno piercing - pubblicò il libro Diary of a Piercing Freak[35], successivamente ristampato con il titolo The Art of Pierced Penises and Decorative Tattoos.
Simonton era in contatto con personalità della scena legata al body piercing quali il tatuatore londinese Alan Oversby (anche conosciuto come Mr. Sebastian), Roland Loomis (anche conosciuto come Fakir Musafar) e Jim Ward. Con quest'ultimo diede vita a quello che chiamò T&P Group (contrazione di Tattooing and Piercing Group), una associazione di appassionati di tatuaggio e piercing, localizzata inizialmente a Los Angeles.
Simonton è autore di una suggestiva "storia del piercing" (Body & Genital Piercing in Brief[36]) che, grazie alla sua pubblicazione su ReSearch 12: Modern Primitives[30] nel 1989, è divenuta col tempo l'unica fonte accreditata per tutte le "storie del piercing" presenti in Internet e pubblicazioni del settore.
La "storia del piercing" di Doug Malloy/Richard Simonton è tuttavia in buona parte frutto della sua fantasia, non avendo alcun supporto documentale, ed è dimostrato essere parzialmente priva di alcun fondamento: a mettere in dubbio l'autenticità di parte di quella storia sono state le ricerche svolte da Jim Ward che ne ha appurato l'infondatezza[7][8][9][30].
Origini del piercing nate dalla fantasia di Doug Malloy e screditate da Jim Ward, sono:
La rinascita del piercing moderno deve molto ai già citati Doug Malloy (Richard Simonton), Mr. Sebastian (Alan Oversby), Fakir Musafar (Roland Loomis) e Jim Ward. Si deve a loro l'impegno nella diffusione della pratica, nella realizzazione della gioielleria per piercing e nella definizione di metodi e tempi di guarigione per ogni singolo piercing.
Nel mondo occidentale, di fatto, la pratica ha iniziato a diffondersi in seno alla comunità del tatuaggio: spesso persone pesantemente tatuate hanno preso a forarsi anche lobi, narici, capezzoli e genitali[37]. La pratica era inoltre inizialmente diffusa nei circoli BDSM, poiché parte dei rituali di tali pratiche erotiche, e nelle comunità gay leather statunitensi.
Successivamente il piercing ha iniziato ad essere praticato dalle sottoculture giovanili: tra i primi ad utilizzare la perforazione di lobi e narici, ci sono stati gli hippy, tra gli anni sessanta e settanta. A fine anni settanta, e negli anni ottanta, la pratica è poi divenuta di uso comune tra punk e goth. Tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta, infine, soprattutto nell'area industrial, si sono diffusi anche piercing più estremi e intimi, come ombelico, capezzoli e genitali. Negli ultimi due decenni il piercing è uscito via via dall'underground per divenire pratica comune anche tra i giovani e tra musicisti, modelle, attori. Sono oggi molto comuni piercing a lobi, sopracciglio, narici, labbro, lingua, ombelico. Meno comuni, ma anch'esse non sono più pratiche da considerarsi ristrette alle sole culture underground o agli attori del cinema porno, sono i piercing a capezzoli e genitali.
Un'altra pratica che si è ampiamente diffusa è quella chiamata stretching. Consiste nel dilatare il foro inserendo dilatatori di maggiori dimensioni. Tale pratica viene comunemente applicata al piercing al lobo, ma può essere adottata anche per labbra, naso, guancia e altri tipi di piercing. Esistono varie tipologie di dilatatori, i più utilizzati sono i tapers (coni), i plugs e tunnels.
Nella società contemporanea è relativamente comune tra i giovani l'utilizzo del piercing al labbro come rito di passaggio. In uno studio sui giovani israeliani[38] risulta che: il 4,3% ha, o ha avuto, dei piercing (esclusi lobi, labbra o cavità orale); il 5,7% ha, o ha avuto, piercing al labbro; il 6,2% ha, o ha avuto, tatuaggi; il 15,7% ha o ha avuto piercing nella cavità orale.
Una statistica rileva come nel 2017 l'83% degli statunitensi abbia un piercing al lobo, mentre il 14% degli statunitensi abbia un piercing diverso da quello al lobo, di cui il 72% è costituito da donne.[39] Il piercing più diffuso tra le donne è quello all'ombelico (33%); seguito da quello al naso (19%); alle orecchie, lobo a parte (13%); alla lingua (9,5%); al capezzolo (9%); al sopracciglio (8%); del labbro (4%) e, infine, dei genitali (2%).[39] La stessa statistica rileva, invece, che tra gli uomini il piercing più popolare è quello al capezzolo (18%), seguito da quello al sopracciglio (17,5%); all'orecchio, lobo a parte (17%); alla lingua (16%); al naso (15%); al labbro (13%) e infine ai genitali (3%).[39] Tra le persone che hanno praticato un piercing è inoltre stato rilevato che ha avuto complicazioni il 31%, di cui il 15,2% ha dovuto rivolgersi a un medico e lo 0,9% ha dovuto essere ricoverato in ospedale.[39] Tra i cittadini britannici, ha praticato una qualche forma di piercing diverso dal lobo il 10% della popolazione, mentre le donne tra i 16 e i 24 anni che nel Regno Unito ha un qualche piercing diverso dal lobo sono il 46,2%.[39]
Lo stesso argomento in dettaglio: Tipologie di piercing. |
Ogni zona del corpo comprende svariate tipologie di piercing, ognuna delle quali viene classificata con un preciso termine. Esse comprendono:
Lo stesso argomento in dettaglio: Gioielleria per piercing. |
La gioielleria per piercing è costruita con materiali biocompatibili e inalterabili nel tempo e con forme tali da agevolare la guarigione ed essere confortevoli nell'inserimento e nell'uso quotidiano.[40]
I tipi di gioielleria per piercing sono[40]:
I materiali più comunemente usati per la realizzazione della gioiellerie per piercing sono l'acciaio chirurgico o il titanio, quest'ultimo più resistente e leggero rispetto all'acciaio e con minori rischi di allergia. Altri materiali sono: corno, ematite, legno, niobio, oro, osso, pietra, resine acriliche, silicone, teflon, vetro.[40]
Lo stesso argomento in dettaglio: Gauge (unità di misura). |
Lo spessore e la dimensione della gioielleria per piercing sono comunemente espressi in millimetri, il diametro invece è espresso in gauge.
Gli strumenti necessari per effettuare una giusta perforazione sono diversi a causa delle diversità della cute e parti interessate da perforare.
Ogni perforazione necessita di un giusto strumento, il quale fin dai tempi antichi era uno stecchetto preferibilmente in materiale adeguale spesso in metallo, acciaio o addirittura denti o corna di animali per espansioni del foro.
Nei tempi moderni venne utilizzato inizialmente un ago per quanto riguardava i piercing più complicati, per il lobo invece è stata progettata una macchina a pistola, in modo da effettuare la perforazione veloce ma non consigliato per la guarigione.
È preferibile utilizzare delle pinze nell'ausilio di fermare la parte interessata inserendo l'ago di dimensioni maggiori del piercing adeguato alla zona trattata.
Uno degli aspetti tipici che si affrontano nel parlare di questa pratica sono le condizioni igieniche nelle quali operarla e le accortezze indispensabili a evitare la contrazione di malattie e infezioni. Infatti per ridurre al minimo i rischi vanno sempre utilizzati esclusivamente strumenti e gioielleria sterilizzati.
A chi utilizza una protesi valvolare la pratica del piercing, oltre a causare infezioni, potrebbe portare a disturbi visivi di vario genere.[senza fonte]
Le zone più delicate dove fare il piercing sono genitali e superfici cutanee eccessivamente lisce (i cosiddetti surface). Un'eventuale infezione, causa la penetrazione di batteri infettivi nel corpo, potrebbe compromettere l'attività di cuore, reni e fegato. Una malattia molto pericolosa che si può contrarre tramite il piercing in condizioni igieniche non idonee è l'epatite, se gli strumenti non sono correttamente sterilizzati.
Alcuni piercing sono sospetti di provocare, a lungo andare, danni lievi o gravi all'organismo. È stato messo sotto accusa il piercing alla lingua (Tongue), che secondo alcune ricerche dell'Università di Buffalo, provocherebbe deformazioni e danni ai denti, infezioni e ascessi a denti e bocca.[41]
La maggior parte dei piercing non provocano forte dolore al momento della foratura (ma varia ovviamente dalla sensibilità personale nei confronti del dolore) bensì è il periodo di guarigione, come ad esempio nel caso del tongue, a provocare fastidi e gonfiori nei giorni successivi.
Secondo la legislazione britannica, la pratica del piercing ai genitali femminili è assimilabile alle mutilazioni genitali femminili e pertanto vietata.[42] È tuttavia stato rilevato che finora nessuna persona è mai stata perseguita per questo.[42]
In Italia la pratica del piercing è regolamentata dalla legge regionale 31 maggio 2006, n. 28 (Disciplina delle attività estetica e di tatuaggio e piercing), che prevede, tra l'altro, il divieto assoluto di eseguire il piercing ai minori di 14 anni e il divieto di eseguire il piercing ai minori di 18 anni senza il consenso dei genitori o dei tutori.[43]
Le motivazioni che spingono a sottoporsi alla pratica del piercing possono essere le più disparate. Molte persone vi si sottopongono per un puro fattore estetico, per marcare una appartenenza ad un gruppo sociale, etnico, religioso o ad una sottocultura.
Nelle sue prime fasi di diffusione, fino agli anni ottanta, la pratica del piercing era strettamente legata alla pratica del tatuaggio: le persone con ampi tatuaggi, ricorrevano spesso anche a pratiche di body piercing allora insolite.[37]
Uno dei fattori che ha contribuito in grande misura alla diffusione del revival moderno del piercing è rappresentato dallo stimolo erotico: i piercing praticati su zone erogene - capezzoli o genitali - una volta guariti, rappresentano un continuo stimolo e aumentano la sensibilità della zona.[44] Il piercing del capezzolo, in particolare, viene talvolta praticato successivamente ad una operazione plastica al seno, in seguito alla quale la sensibilità del capezzolo può diminuire. Il piercing del cappuccio del clitoride, viene spesso praticato per simili ragioni,[44] e non è infrequente presso le attrici del cinema hard. Anche il tongue piercing ha trovato diffusione poiché considerato stimolante sia durante i baci, sia durante il rapporto orale.[senza fonte]
Sempre legato all'ambito delle pratiche erotiche, il revival del piercing moderno ha trovato ampio uso nella sottocultura del BDSM, presso cui oltre a rappresentare un forte stimolo erotico, sia come piercing permanente che temporaneo, ha anche una valenza di "sottomissione" al partner da parte dello slave nei confronti del master.[44]
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