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La single-lens reflex (SLR), o più semplicemente reflex, è un tipo di fotocamera dotata di un sistema di mira che permette di osservare dal mirino ottico l'inquadratura in ingresso dallo stesso obiettivo. Il sistema è composto da uno specchio inclinato di 45° verso l'alto, posto dietro all'obiettivo, e da un pentaprisma (oppure da un pentaspecchio nei modelli di fascia bassa).
Il nome di queste fotocamere quindi deriva esclusivamente dal sistema di mira e non dal tipo di elemento sensibile. Oggi però, per praticità, con SLR si tende ad identificare le fotocamere che immagazzinano le foto su pellicola e con DSLR le macchine fotografiche digitali con la medesima configurazione.
Lo stesso argomento in dettaglio: Fotocamera. |
La storia delle reflex ha inizio con la camera oscura che usa uno specchio posto a 45° (reflex) che riflette l'immagine su una lastra capovolgendola. Nella sostanza il principio usato delle moderne reflex è ascrivibile a questo modello primordiale di fotocamera. Già nel 1860 Thomas Sutton aveva prodotto una gigantesca camera reflex con specchio mobile che faceva vedere cosa inquadrava l'obbiettivo; ma come ampiamente noto il vantaggio di una reflex sta nella possibilità di essere usata più comodamente nella fotografia d'azione o movimento, e questa fotocamera era decisamente troppo grande e pesante per essere usata in azione.[1] Nel 1914 la ICA tedesca introdusse la sua prima reflex con un obiettivo da 180 mm con apertura massima f 6.3 prodotto dalla Carl Zeiss Jena. Altri modelli simili furono prodotte in quegli anni da varie aziende. Solamente nel 1932 la Ihagee tedesca progettò una fotocamera reflex compatta: il modello Exakta-A, messa in commercio nel 1936. Questa non utilizzava il pentaprisma ma un pozzetto di visione ed usava inizialmente una pellicola formato 127.[2]
Nei fatti questa è stata la macchina che ha aperto la strada delle moderne reflex. In realtà questo primato è conteso con una macchina sovietica, la Sport (Cnopm), prodotta negli anni trenta dalla "Gosudarstvennyi Optiko-Mekhanicheskii Zavod" (GOMZ) di Leningrado (Russia). Infatti il suo prototipo, chiamato Gelveta, fu realizzato da A. O. Gelgar fra il 1934 e il 1935. L'origine del progetto risalirebbe addirittura al modello Mine, realizzato nel 1929 da A. A. Mine.[3]
Nel 1939 fu prodotta dalla tedesca Veb Pentacon, la Pentacon con prisma intercambiabile.[2]
Il pentaprisma, anche se era già stato brevettato già nell'800,[4] fu introdotto per la prima volta dalla, per l'epoca rivoluzionaria, Rectaflex[5] italiana e subito dopo dalla Contax S (Spiegel) tedesca nel 1949.[6]
La russa Zenit iniziò la produzione di una lunga e fortunata serie di reflex nel 1952 iniziando con la trasformazione di una Zorki a telemetro in una reflex semplicemente rimuovendo la parte superiore e sostituendola con un pentaprisma e con un vetro smerigliato; venne aggiunto uno specchio regolato da un sistema di pulegge, e venne l'attacco a vite per fare spazio allo specchio.[7][8]
Nel 1952 la Asahi Optical Co. introdusse in Giappone la prima reflex a pozzetto con il ritorno automatico dello specchio, la Asahiflex. Nel 1957 introdusse il pentaprisma, chiamando questo modello Asahi Pentax AP; essa fu l'antesignana delle moderne reflex giapponesi.[1] Il pentaprisma nella macchine giapponesi, in realtà, era stato introdotto nel 1955 dalla Orion Camera Co. con il modello Miranda T.[7]
Successivamente nel 1959 la giapponese Nippon Kogaku introdusse il modello Nikon F, con questa reflex per la prima volta veniva offerta un sistema completo: pentaprisma e/o pozzetto visore intercambiabile, successivamente venne messo in commercio anche il Photomic che aveva l'esposimetro incorporato nel pentaprisma. Il tutto insieme a tutta una serie di obbiettivi intercambiabili di qualità e accessori vari che rendevano il sistema molto attrattivo per i professionisti. Vi era nel sistema anche un motore meccanico che permetteva una raffica fotografica fino a 4 foto al secondo.[1]
Fu la Topcon RE super nel 1960 ad introdurre la prima lettura esposimetrica sul piano della pellicola attraverso una misurazione TTL.[9] Sempre nel 1960 la Pentax presentò la prima reflex a pentaprisma con esposimetro al CdS (solfuro di cadmio) incorporato con lettura TTL, modello che fu però messo in produzione nel 1964.
La Leica introdusse nel 1965 la prima reflex a pentaprisma con esposimetro esterno e velocità di otturazione di 1/2000 s. Nel 1967 fu presentata la prima reflex automatica a priorità di tempi, la Konica Autoreflex T, dove veniva scelto il tempo e la macchina impostava automaticamente il diaframma.
Nel 1971 sempre l'Asahi Pentax presenta una moderna macchina con otturatore elettronico e priorità di diaframmi la Pentax ES (Electro Spotmatic). Sempre nel 1971 Canon e Nikon introdussero i loro nuovi sistemi fotografici basati su una reflex: la Canon F1 con motore per sequenze velocissime e la Nikon F2.[1]
Una fotocamera reflex è costituita essenzialmente dai seguenti elementi:
Lo specchio si trova quasi sempre in posizione di mira, reindirizzando l'immagine al pentaprisma e quindi al mirino e permettendo di inquadrare il soggetto da fotografare. Nel momento dello scatto lo specchio si solleva, lasciando passare la luce verso l'otturatore e l'elemento sensibile, permettendo in questo modo l'immagazzinamento dell'immagine.
Contemporaneamente, lo specchio ottura la parete superiore della camera in cui si trova, impedendo l'ingresso di luce dal mirino. Non appena l'otturatore si richiude, lo specchio si riabbassa in posizione di mira. Tutto questo avviene in un breve istante, nel quale i movimenti delle parti meccaniche producono il caratteristico "click" di questa tipologia di fotocamere.
Il pentaprisma (o il pentaspecchio), oltre a deviare l'immagine dallo specchio al mirino, ha anche la funzione di raddrizzarla, perché altrimenti risulterebbe avere i lati destro e sinistro invertiti.
Lo stesso argomento in dettaglio: Tiraggio. |
Caratteristico delle fotocamere reflex è il fatto che, durante l'esposizione, il soggetto non è più visibile al fotografo, a causa del movimento dello specchio. Tale interruzione è però di brevissima durata, e il fastidio che comporta, come pure l'aumento di ingombro, peso, rumorosità e vibrazioni dovute al pentaprisma e allo specchio mobile, sono ampiamente compensati – fatta eccezione per alcune situazioni particolari – dal vantaggio di vedere esattamente l'inquadratura dell'obiettivo. Questo vantaggio si rivela decisivo nelle macchine ad obiettivi intercambiabili, nelle foto a distanza ravvicinata e nell'uso di teleobiettivi.
La presenza dello specchio mobile impedisce di montare obiettivi la cui lente posteriore sia troppo vicina al piano focale, pertanto i grandangolari devono essere realizzati con schemi retrofocus o a teleobiettivo invertito.
Nella maggior parte delle macchine di tipo reflex, l'immagine catturata e l'immagine vista attraverso il mirino può anche non coincidere al 100% e normalmente si trova almeno un 90-95% di copertura. La percentuale di copertura dei mirini, dichiarata nelle specifiche, può variare tra circa 80% e 100%. Il costo del sistema specchio, pentaprisma ed oculare, per la visione al 100%, è una delle ragioni delle scelte produttive, tale da suggerirne l'uso soltanto su fotocamere particolarmente impegnative economicamente, giustificate da una attività lavorativa (settore professionale).
Le varie ottiche intercambiabili sul corpo-macchina, prevedono precisi riferimenti produttivi, per il cosiddetto tiraggio e relative tolleranze. La somma delle imprecisioni di fabbricazione, pur se singolarmente rientranti nelle tolleranze, può incidere sulla precisione della messa a fuoco automatica e manuale, causando il front-back focus: disallineamento tra l'immagine ripresa e ciò che si vede sul mirino, oppure anche tra messa a fuoco reale e taratura del sistema AF. Per cui è possibile che il piano di messa a fuoco sarà nitido un po' più avanti o più indietro rispetto al punto corretto.[10]
Le fotocamere SLR a specchio fisso (tra cui le Canon Pellix e le successive EOS RT) hanno uno specchio fisso semi-trasparente. Siccome non hanno bisogno di sollevare lo specchio prima di aprire l'otturatore, l'arco di tempo tra la pressione del pulsante di scatto e l'esposizione del fotogramma è più breve di quello consentito dalle loro controparti con lo specchietto mobile, e non avviene il black-out del mirino.
Le reflex a specchio fisso sono concepite soprattutto per la fotografia sportiva e quella naturalistica, dove la prontezza nello scatto è vitale tanto quanto un tempo di esposizione rapido: mentre con una reflex a specchio fisso la foto è già fatta subito dopo aver premuto a fondo il pulsante, con una reflex tradizionale la scena potrebbe scomporsi nell'arco di tempo richiesto alla macchina per sollevare lo specchio, oppure semplicemente a causa della vibrazione generata dal sollevamento dello specchio stesso.
Per contro, le reflex a specchio fisso richiedono - a parità di illuminazione della scena - una pellicola più sensibile, dato che una parte della luce che entra nella macchina attraverso l'obiettivo viene riflessa dallo specchietto al pentaprisma, al fine di rendere possibile l'osservazione della scena da parte del fotografo e dell'autofocus (se presente). Per alcuni modelli era possibile cambiare lo specchietto con uno in grado di far passare più luce verso il piano focale, ma penalizzando la visione attraverso il mirino (l'immagine risultava più scura) e rendendo più difficile la focheggiatura.
Inoltre, è necessario prestare la massima attenzione a che lo specchio sia perfettamente pulito, dato che eventuali impurità, quali pelucchi o granelli di polvere, penalizzerebbero sensibilmente la qualità della fotografia.
Naturalmente, usando un esposimetro esterno è necessario tenere conto della perdita di luminosità, dato che non tutta la luce che entra nella fotocamera attraverso l'ottica raggiungerà il piano focale.
La stragrande maggioranza delle fotocamere SLR erano ad obiettivi intercambiabili, tuttavia uscirono anche alcuni modelli ad obiettivo fisso.
I modelli prodotti da Olympus (serie IS) si rivolgevano principalmente ai fotoamatori: aspetto compatto, maneggevolezza, autofocus, esposizione programmata ed obiettivo zoom motorizzato dal grandangolo moderato al medio-tele, erano alcune delle loro caratteristiche principali. Nello stesso tempo però, consentivano la visione attraverso l'obiettivo, ed anche la messa a fuoco e la misurazione della luce avvenivano through-the-lens. Alcuni modelli offrivano anche l'esposizione automatica a priorità dei diaframmi, infine tutti avevano obiettivi più luminosi di quelli delle fotocamere compatte zoom.
Erano, in sostanza, una via di mezzo tra le fotocamere compatte più sofisticate, e le comuni reflex.
I modelli della serie Yashica Dental Eye di Kyocera, erano invece destinati all'uso professionale, in particolar modo alla fotografia dentistica (anche se nulla vietava di usarli per la macrofotografia naturalistica). Presentavano infatti un obiettivo macro a focale fissa, con flash anulare incorporato.
L'espressione inglese single lens reflex fu introdotta per distinguere questa categoria di fotocamere dalle twin-lens reflex (o TLR), anch'esse dotate di uno specchio per rinviare l'immagine al mirino ma con un sistema di due lenti, di cui una dedicata all'immagine sulla pellicola, e l'altra alla visione della scena da parte del fotografo. In italiano sono anche chiamate fotocamere reflex biottiche.
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