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Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze. |
Il segno, nella diagnosi medica, indica un reperto patologico oggettivo, riconosciuto dal medico all'esame obiettivo del paziente stesso.
Un segno medico può essere privo di significato per il paziente e può perfino passare inosservato. Ma per il clinico può essere di grande significato e può essere molto importante nell'indirizzare il sanitario verso la corretta diagnosi medica responsabile del corteo sintomatologico del paziente.
A titolo di esempio si considerino i segni elevata pressione arteriosa, ippocratismo delle dita, o il gerontoxon (arco senile).
Il segno medico va distinto dal sintomo, che è una sensazione riferita dal paziente e che indica il convergere di molteplici azioni e reazioni soggettive, in grado di produrre un'alterazione della normale sensazione di sé e del proprio corpo in relazione a uno stato patologico.
Va inoltre differenziato dai reperti della medicina di laboratorio di analisi.
In ambito medico lo studio dei segni e la loro correlazione con determinate patologie appartiene alla semeiotica (dal greco σημεῖον, semèion, che significa "segno", e da τέχνη, "arte"). La semeiotica è appunto la disciplina che studia i segni clinici e i sintomi. Storicamente la semeiotica diventa una branca della medicina con Galeno, il medico filosofo che riprende gli insegnamenti di Ippocrate, e pone la sua attenzione verso il presente (la diagnostica: praesentium insperctio) verso il passato (la anamnestica: praeteritorum cognitio) e verso il futuro (la prognostica: futurorum providentia).
Storicamente, i segni prendono il nome dai medici che per primi li descrissero. Accade comunque in svariati casi che un segno prenda il nome da personaggi della letteratura o altro.
Il termine eponimo indica infatti un personaggio, reale o fittizio, che dà il suo nome a un segno.
I segni (reperti obiettivi) sono diversi dai sintomi che sono invece esperienze soggettive, come ad esempio la fatica. I sintomi vengono riferiti dai pazienti al proprio medico nel corso dell'esame clinico.
Sia i segni sia i sintomi rappresentano una anomalia che potenzialmente può essere correlata a una condizione di interesse medico. Il segno tuttavia è rilevato dal medico durante l'esame clinico oppure da un medico di laboratorio. È proprio con la fine dell'Ottocento e l'avvento della medicina strumentale che appaiono altri tipi di segni che il clinico può ottenere dall'applicazione all'indagine medica dei raggi X (Röntgen 1895) o dalle analisi chimiche di laboratorio dei liquidi biologici.
Esempi di “segno chimico” sono il riscontro di glucosio nelle urine nei diabetici, di albumina nelle urine dei soggetti affetti da malattie renali, la diminuzione della concentrazione ematica dell'urea nei soggetti con epatopatia e molti altri ancora.[1][2]
I segni medici possono essere classificati in base al tipo di deduzione che può essere fatta dalla loro presenza.
la possibile evoluzione di diversi aspetti della salute e della vita futura del paziente. I segni prognostici quindi guardano sempre alla evoluzione futura. Tra i segni prognostici più famosi vi è probabilmente la facies hippocratica. Ecco come viene descritta nel Prognostikon[3][4]:
«[Se l'aspetto del viso] può essere descritto così: il naso affilato, gli occhi infossati, le tempie incavate, le orecchie fredde e tese e i loro lobi distorti, la pelle del viso dura, tesa e secca, e il colore del viso pallido o livido... e se non vi è alcun miglioramento entro [un determinato periodo di tempo], si deve capire che questo segno preannuncia la morte.» |
(Ippocrate) |
Lo sviluppo tecnologico ha creato tutta una serie di segni rilevabili solo dai medici. Prima del XIX secolo vi era poca differenza nelle capacità di osservazione di un segno tra il medico e il paziente. La maggior parte della pratica medica era stata condotta come una sorta di interazione cooperativa tra medico e paziente[5][6]. Medico e paziente erano in grado di notare le stesse cose con la differenza sostanziale che il medico poteva dare una interpretazione decisamente più informata dei segni che rilevava[7].
I progressi del XIX secolo determinarono una sostanziale e graduale rimozione del paziente dal processo decisionale medico, soprattutto a causa di tutta una serie di rilevanti progressi tecnologici.
Fare diagnosi in un paziente è sempre una questione di tipo probabilistico. In altre parole è sempre necessario stimare quale sia la probabilità che una determinata situazione sia o meno presente in un determinato paziente. Ogni aspetto in materia di raccolta della storia clinica del paziente permette al medico di restringere la sua visione della possibile causa dei sintomi lamentati e dei segni sviluppati, testando e costruendo ipotesi di lavoro via via che la storia si amplia. L'esame, che è essenzialmente una ricerca di segni clinici, consente al medico di ricercare prove nel corpo del paziente per sostenere le sue ipotesi di malattia.
La valutazione clinica effettuata alla ricerca di segni mette alla prova l'ipotesi diagnostica del medico, e ogni volta che un segno a supporto di una determinata diagnosi viene trovato, la diagnosi diventa più probabile. Altri tipi di test speciali (esami di laboratorio, esami radiologici, biopsie e altri esami strumentali) permettono di confermare ulteriormente (oppure di rendere improbabile) una determinata ipotesi diagnostica. In altri casi questi ulteriori test permettono di inquadrare in uno specifico senso clinico il riscontro di determinati segni.
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